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La morte dei tre tragici greci
Nel 2023 hanno compiuto trent’anni i Darwin Awards, il premio dedicato a coloro che “si sono adoperati per la protezione del patrimonio genetico dell’umanità tramite l’estremo sacrifico di auto-sopprimersi nella maniera più spettacolare e idiota possibile”. Ma storie di morti eccezionali, degne dei Darwin Awards, si sono tramandate sin dall’antichità, ed è difficile distinguere il vero dal falso: si è sempre sentito che questo momento – quello del trapasso – così alto e solenne, doveva essere in qualche modo bilanciato da una punta di assurdità che lo dissacrasse e rendesse meno temibile.
Si vede bene questo fenomeno nei tre grandi tragici greci. Chi non ricorda i loro nomi? “Va a fuoco il teatro greco: Eschilo che qui si Sofocle, attenzione che le scale sono Euripide!” La rappresentazione della morte nelle loro opere, appunto così tragica e dignitosa, richiedeva di essere bilanciata dalla loro stessa morte, che allora doveva essere assurda ed eccezionale.
Eschilo
Eschilo (525 a.e.v. – 456 a.e.v.) è il padre della tragedia greca e testimone oculare di eventi storici capitali: combatté infatti in prima persona alla battaglia di Maratona, ancora oggi ricordata per la storia di Filippide che, secondo Luciano di Samosata, dovendo portare la notizia della vittoria ad Atene, avrebbe percorso a perdifiato i 42,195 km di distanza finendo per morire dalla fatica.
La morte di Eschilo però, stando a quanto narra Valerio Massimo, non sarebbe stata altrettanto eroica: un gipeto, specie di avvoltoio che porta in volo le tartarughe e le lascia poi cadere sui sassi per romperne il guscio, scambiata la testa calva di Eschilo per un masso, vi avrebbe lasciata schiantare contro una tartaruga,
rompendo, insieme al guscio dell’animale, anche la scatola cranica del grande drammaturgo.
Sofocle
Sofocle (496 a.e.v. – 406 a.e.v.) raccoglie l’eredità di Eschilo e lo supera, vincendo un agone drammaturgico proprio contro quest’ultimo. La sua eredità è indissolubilmente legata alla storia dell’Edipo Re, ormai celeberrima: oggetto di una profezia per la quale avrebbe ucciso suo padre, Edipo viene allontanato dalla
corte ancora neonato, ma dato che al proprio destino nessuno sfugge, per una serie di peripezie, finisce davvero, senza saperlo, per uccidere suo padre e sposare sua madre; quando un servo rivela il loro reale rapporto di parentela, la madre-moglie Giocasta sceglie di impiccarsi, le loro figlie sono destinate all’esilio
in quanto frutto di un matrimonio incestuoso, ed Edipo, capendo che ormai non vedrà mai più nulla di bello al mondo, si cava gli occhi.
Anche la morte di Sofocle non è in linea con la solennità delle sue opere: secondo alcuni, essendo scrittore famoso per le sue frasi interminabili, sarebbe morto soffocato cercando di recitare una frase dell’Antigone pure per lui troppo lunga; secondo altri, invece, ormai vecchissimo, si sarebbe soffocato ingoiando un acino
d’uva durante le antesterie, una festa in onore di Dioniso.
Euripide
Euripide (485 a.e.v. – 406 a.e.v.) è l’ultimo dei grandi tragici classici di cui ci sono pervenute opere complete, il più indipendente dalla religione tradizionale greca (tanto da essere definito “ateo”), e anche il più influenzato dalla filosofia di Socrate. Il suo personaggio più famoso – forse, tra quelli dei tre tragici, ancora il più vicino alla nostra sensibilità – è Medea: salvata e sposata dall’eroe Giasone, questo, man mano che il matrimonio si deteriora, diventa sempre più indifferente e, alla fine, decide di ripudiarla per sposare invece Glauce, che gli darà diritto al trono; Medea allora, per vendicarsi, uccide i figli avuti con Giasone,
distruggendo emotivamente, insieme al marito, anche sé stessa. Anche la morte di Euripide sarebbe più adatta ad un comico che ad un tragico: secondo una tradizione, ritiratosi alla corte di Archelao, sarebbe morto sbranato dai cani; secondo un’altra, che mima un po’ la
morte dell’eroe Orfeo, mentre si recava da Cratero, futuro re e amante di Archelao, sarebbe stato notato da delle donne che, così dal nulla, lo hanno linciato.
Bonus track: Aristofane
Se queste sono le morti dei grandi tragici, è facile immaginare quanto possa essere stata assurda la morte di Aristofane (446 a.e.v. – 386 a.e.v.), il più grande comico dell’antichità, grande critico di Euripide e di tutta la filosofia di Socrate. Invece, la tradizione non ha assegnato alla sua morte alcuna storia particolarmente assurda. Per contrasto, sarà stata sicuramente eroica e maestosa.
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