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S. Lucia di Piave: le opere del Beato Claudio Granzotto
Uscendo dalla Basilica di Motta di Livenza, girando a sinistra verso il negozio, si incontra una porta in legno che dà sul chiostro, quello con le gabbie degli uccelli e che ora ospita la mostra dei presepi. Raffigurato sulla porta si vede, tra gli altri, un giovane frate con i capelli corti, il volto pulito, e degli strumenti per lavorare la pietra. Andando invece verso l’antico cisiol dell’apparizione, e continuando attraverso il passaggio con alcuni ex voto, si vedono due quadri impressionanti: uno è dedicato a Massimiliano Kolbe, che sta sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale; l’altro rappresenta ancora questo giovane frate, ieratico, che tiene tra le mani una misteriosa testa di pietra e ha dietro di sé una grotta con una grande Madonna. Si tratta del beato Claudio Granzotto. Claudio, battezzato Riccardo, nasce a Santa Lucia di Piave il 23 agosto 1900. A causa della prematura morte del padre, abbandona la scuola a soli 9 anni e inizia a lavorare. Appena diciottenne viene arruolato
nell’esercito per gli ultimi mesi della Grande Guerra. La sua passione rimane sempre il disegno, e nel 1921, con i risparmi guadagnati, inizia una scuola serale d’arte a Conegliano; poi, grazie al parroco mons. Vittorio Morando inizia a studiare all’Accademia di Venezia e svolge dei lavori per l’architetto Domenico Rupolo, sovraintendente del Palazzo Ducale. Laureatosi e diventato professore, partecipa a un concorso per la realizzazione delle statue del Foto Italico, ma viene estromesso in quanto non iscritto al Partito Fascista. Dopo questa delusione entra in crisi, così Rupolo e Morando lo supportano e lo indirizzano verso l’arte sacra. Si converte riscoprendo il cristianesimo; nel 1932 incontra il francescano Amedeo Oliviero, e decide anche lui di farsi frate francescano, entrando in convento a Vittorio Veneto. Impressionato da una visita a Lourdes, realizza, a Chiampo, una riproduzione in scala 1:1 della Grotta francese, un’opera di scultura colossale ed eroica. Vivendo in ascesi, povertà, e assistenza ai malati, fra Claudio muore il 15 agosto 1947. La storia di fra Claudio, come si capisce, è tutta legata alle vie di Santa Lucia di Piave e alla sua chiesa parrocchiale. Tale chiesa, infatti, conserva tutt’ora più opere di fra Claudio, e può essere considerata – insieme alla Cattedrale di Vittorio Veneto e alla Parrocchiale di Pieve di Soligo – come una delle più belle della Diocesi.
La chiesa è stata realizzata tra il 1875 e il 1878 su progetto di Giovanni Battista Meduna: un nome che è una garanzia di qualità, essendo l’architetto che aveva ricostruito il teatro La Fenice dopo l’incendio del 1836 e restaurato la Basilica di San Marco (portano la sua firma anche la chiesa di Fossalta e la facciata di quella di
Noale, oltre ad aver restaurato la bellissima chiesa di San Nicolò di Treviso). Dalla piazza antistante la chiesa, oggi intitolata a fra Claudio, si può ammirare il campanile neogotico che è stato invece realizzato dopo la Grande Guerra da Domenico Rupolo, sostenitore di fra Claudio e autore di numerose chiese della zona (Noventa di Piave, Collalto, Sernaglia, Fossalta di Portogruaro, Trebaseleghe, Pieve di Soligo, Visnadello, Mansuè, Basalghelle).
Si può ammirare da qui, ancora prima di entrare nella chiesa, un’opera di fra Claudio: è infatti suo il protiro, il portico che copre il portone della chiesa. Alla base ci sono due leoni, con un libro sotto le grandi zampe e con gli occhi sbarrati ed espressivi che ritornano anche nei soggetti umani di Granzotto. Le colonne sono slanciate e terminano in capitelli con volti, esteticamente più complessi. La volta, a sesto acuto, rispecchia i canoni del neogotico. La sormonta la statua del Sacro Cuore: un Gesù perfettamente simmetrico, col volto magro e austero, le mani abbassate protese in avanti, e il cuore raggiante ben visibile al centro del petto.
Entrando nella chiesa, si può subito apprezzare l’impianto decorativo, sempre determinato da Domenico Rupolo. Tutte le superfici sono ricoperte da pattern geometrici, con colori desaturati interrotti da punti di luce dorati nelle volte e nei cassettoni: questo stile, legato al recupero degli stili medievali (gotico, bizantino, romanico) in àmbito liberty, può essere considerato unico nella forania. Si nota sùbito all’entrata l’acquasantiera, che è universalmente considerata il lavoro più pregiato di Granzotto: pur riprendendo infatti il tema tipico del diavolo schiacciato dall’acqua santa (è così, per esempio, anche la famosa e misteriosa acquasantiera di Rennes-le-Chateaux), l’opera di Granzotto mostra un equilibrio classico, una posatezza, una totale assenza di affettazione che lo porta allo stesso livello delle opere del Rinascimento. L’acqua è raccolta dalla conchiglia, simbolo del sepolcro e attesa della risurrezione.
Come Assunta, ma riprendendo anche l’iconografia classica di Venere, dalla conchiglia si erge la Vergine: con una posa rilassata, tiene una mano sul grembo, ricordando l’incarnazione, e con l’altra indica l’acqua sacramentale ai suoi piedi. La conchiglia è retta sulle spalle da un Satana sofferente, la cui espressione ed
energia della posa contrasta con la figura della Vergine. Il volto, basato su quello di un anziano di Santa Lucia di Piave, è scavato ed è ulteriormente allungato dal pizzetto, ha gli occhi sbarrati, la fronte contratta, il naso arricciato che solleva il labbro superiore e lascia vedere i denti ben divisi: con questi particolari Granzotto trasmette insieme disgusto, spavento e sofferenza fisica. Il diavolo è inginocchiato, con un ginocchio a terra e l’altro piede ben piantato come se stesse cercando invano di alzarsi; un braccio è appoggiato sulla fronte, come per asciugarsi il sudore o per cercare di darsi uno slancio, mentre l’altro è gettato all’indietro verso i lombi; il corpo è magro, ma la muscolatura è tesa; le unghie di mani e piedi sono acuminate come artigli, le orecchie sono a punta, le ali da pipistrello sono parzialmente aperte e sono necessarie a dare struttura (sono queste che reggono la conchiglia e distribuiscono il peso in modo uniforme), mentre alla vita porta una pelle di serpente, il Serpente Antico, simbolo genesiaco al quale Satana è associato solo nel libro dell’Apocalisse.
Proseguendo verso sinistra, si incontra subito l’altare del Beato Granzotto. Fino a poco tempo fa era qui conservata una pregevole icona che ripercorreva varî episodi della vita di Granzotto, una veste francescana appartenuta al Beato, e una cassettiera con strumenti di lavoro e reliquie. Di recente, l’altare è stato
completamente ricostruito: è ora caratterizzato da texture materiche di gusto assolutamente moderno, e ha in cima una statua raffigurante Granzotto avvolto in un saio vuoto che si libra nell’aria, leggero come uno spirito.
Continuando fino in fondo, si gira a destra, passando davanti all’altare maggiore sempre disegnato da Rupolo, e si arriva all’altare di Santa Lucia: è questa l’ultimo lavoro di Granzotto qui conservato, e può essere considerato il simbolo della sua definitiva conversione. Come la statua del Sacro Cuore, anche questa è austera, ieratica, perfettamente simmetrica. La Santa è avvolta in una veste con panneggio semplice, dove le pieghe del tessuto sembrano le scanalature di una colonna, e tiene le braccia incrociate sul petto come fosse la mummia di un faraone; il volto è inclinato verso l’alto, la bocca è completamente aperta e vuota; le orbite oculari, pure, quasi come altre due bocche spalancate, sono completamente vuote. Quest’ultimo particolare, oltre a creare un gioco d’ombre interessante dal punto di vista estetico, è simbolicamente importante: alla Santa venerata a Venezia, secondo il martirio tradizionale, sono stati cavati gli occhi; l’iconografia, rappresentando sempre il corpo trasfigurato e sfuggendo particolari naturalistici, la rappresenta sempre con quattro occhi, due nelle orbite, e due cavatigli in vita su un piattino; Granzotto, invece, sceglie di rappresentare il suo corpo di carne, un istante prima del trapasso ma già tutto proteso verso il cielo, che vede con gli occhi della fede.
Chiesa Parrocchiale di Santa Lucia
Piazza Beato Fra’ Claudio, 13
31025 Santa Lucia di Piave (TV)
www.santalucia-sarano.it
Orari messe: feriali 18.30 (+ 8.00 martedì e giovedì), festive 10.45 e 18.30
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